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FINANZA

Pronti contro termine in forte crescita

di Nicola Borzi

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5 LUGLIO 2008

È flessibile, conveniente, intuitivo. Replica l'andamento dei tassi di mercato, non ha rischi (o quasi), dura quanto vuole il cliente. Ecco perché piace sempre di più. No, non parliamo di un Etf ma del contratto di pronti contro termine (PcT). Una forma di impiego che sta conoscendo un piccolo boom: dall'inizio del 2007 a marzo, secondo le rilevazioni più aggiornate della Banca d'Italia, gli impieghi in questa forma contrattuale sono cresciuti del 17,7%. Il flusso netto in ingresso nei PcT, pari a 17,2 miliardi, ha portato le consistenze a quota 114,7 miliardi, solo 600 milioni di euro sotto il record storico segnato a febbraio.
L'accresciuta simpatia dei clienti per questa forma di impiego è dovuta a molte ragioni. Dal lato della domanda, a vantaggio dei pronti contro termine hanno giocato le condizioni dei mercati finanziari: il semestre peggiore da vent'anni a questa parte delle Borse, le incertezze che hanno agitato i mercati del reddito fisso, la ricerca di un porto sicuro per i propri risparmi hanno spinto molti investitori, piccoli o grandi a puntare su un rendimento garantito e in crescita, dopo il recente aumento dei tassi deciso dalla Bce. A favore anche la fiscalità, con il prelievo secco al 12,5 per cento.

La mappa dell'offerta di pronti contro termine
BLOG / Abbecedario online
di Nicola Borzi

Dal lato dell'offerta, invece, sul successo di questa formula hanno pesato le strategie di marketing degli operatori. Nei giorni scorsi, con un questionario, «Plus24» ha condotto un'indagine condotta su 550 banche e gruppi creditizi per verificare la diffusione e le caratteristiche dell'offerta di questa tipologia di contratto. Hanno risposto una quarantina di istituti di tutte le dimensioni, dalle piccole Bcc monosportello ai giganti nazionali del settore. La fotografia che è emersa presenta caratteri del tutto innovativi rispetto al passato: se è vero che per la media degli operatori il taglio medio dell'investimento in pronti contro termine resta ancora su soglie elevate (dai 25mila euro a salire), in alcuni casi (che rappresentano però i maggiori gruppi bancari nazionali, come mostra la tabella in alto), il taglio minimo è calato drasticamente. Con i PcT le banche, tra l'altro, riescono a finanziarsi a costi inferiori a quelli del mercato interbancario.
Basta guardare a giganti delle dimensioni di Intesa Sanpaolo e di UniCredit. Nel caso del gruppo guidato da Corrado Passera il taglio minimo del contratto di PcT è sceso ad appena mille euro, mentre UniCredit Banca, la società di retail banking del gruppo guidato da Alessandro Profumo, offre il servizio "Money Box self service" con tagli minimi da 5mila euro. La competizione per accaparrarsi gli impieghi della clientela ha di fatto aperto questo contratto anche ai risparmiatori dai portafogli meno pingui. Se le banche più grandi offrono proposte standardizzate, la maggioranza degli istituti di dimensioni medie e piccole lascia la definizione delle condizioni principali alla capacità di trattativa del cliente allo sportello.
I clienti in cerca di investimenti per la propria liquidità, però, non devono dimenticare che le proposte tecniche abbondano. Dai conti di deposito agli Etf, l'offerta è sempre più varia e i rendimenti anche. La concorrenza cresce: vedremo se il mini-boom dei PcT durerà anche nei prossimi mesi.

COS'È E COME FUNZIONA IL PRONTI CONTRO TERMINE

Le caratteristiche
Nel contratto di pronti contro termine (PcT) una parte vende a un'altra una certa quantità di titoli (operazione "a pronti") con contemporaneo obbligo di riacquisto della stessa quantità a una data prestabilito (operazione "a termine") e a determinate condizioni di prezzo. Oggetto della transazione sono di solito titoli di Stato o bond. La durata del contratto è breve, di solito qualche mese. Il venditore "a pronti" e acquirente "a termine" è una banca, mentre l'acquirente "a pronti" e venditore "a termine" è il risparmiatore.

Rendimenti e fiscalità
Il rendimento dell'operazione è dato dalla differenza tra prezzo di riacquisto e di vendita e sconta un'aliquota fiscale del 12,5% alla fonte.

I controlli
Sono affidati alla Banca d'Italia per quanto attiene agli effetti dei PcT sulla stabilità patrimoniale delle banche. Sulla forma di strumento d'investimento invece non esiste alcun controllo. Lo spiega una comunicazione Consob del 21 gennaio scorso.

I rischi
I PcT non sono soggetti al rischio emittente, in quanto la banca è comunque tenuta a riacquistare a termine il titolo oggetto del contratto al prezzo prefissato anche se l'emittente sia andato in default o in fallimento durante l'operazione. Esiste invece il rischio dell'inadempimento della controparte: sul cliente risparmiatore pende il rischio del fallimento della banca, cioé che al termine del contratto l'istituto non sia in grado di riacquistare i titoli oggetto del contratto.

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